Le Pmi italiane non conoscono la cultura digitale
Conoscenze limitate e preconcetti sul digital i maggiori ostacoli
Potrei liquidare questo capitolo come segue:
“la comunicazione delle piccole medie imprese italiane, nella stragrande maggioranza dei casi, fa schifo.”
Ok, resisti qualche secondo all’impulso di mandarmi a quel paese, poi continua a leggere. :-)
Capisco sia facile liquidare questa frase come semplicemente provocatoria, ma posso assicurarti che potrei confutare ogni singola critica con i fatti, analizzando i singoli mezzo di comunicazione che un’azienda potesse sottopormi.
Ma volendo trovare il cosiddetto bandolo della matassa, cerchiamo di approfondire un poco di più questo argomento, partendo da quello che, con ogni probabilità, è il vero problema di fondo: la mancanza di una cultura della comunicazione.
Lo so, sembra già una di quelle frasi tecnico-umanistico- filosofiche che ho promesso di non utilizzare, infatti non lo farò, ma è un dato di fatto che non esiste in Italia , in modo diffuso, una cultura della comunicazione aziendale.
Il concetto della comunicazione della PMI italiana è più o meno il seguente:
Noi decidiamo cosa fare/dire/pubblicizzare e poi lo mostriamo agli altri.
Non ci si pone la domanda di cosa ne pensa la gente prima, non ci si pone la domanda di cosa pensa il nostro pubblico durante, quindi ancora meno ce ne occuperemo di pensare ad un messaggio adeguato e tantomeno misurarne le effettive risposte.
L’importante è che “piaccia al capo”.
Beh… ho una notizia per te (e NON è una fake news): non funziona così.
Forse (e dico “forse”) poteva andar bene negli anni ’60, ma nella moderna realtà imprenditoriale è un errore clamoroso.
Il nostro interlocutore oggi non si aspetta che la notizia sia calata dall’alto, ma ne segue i singoli passaggi e, dove possibile, interviene, dibatte, comunica, con ogni mezzo a disposizione.
Prendiamo un esempio su tutti: i politici.
Al di là della fede politica di ognuno, così come delle relative opinioni negative o positive sui personaggi della politica italiana, resta il fatto che oggi la stragrande maggioranza di essi gestisce (o in realtà fa gestire…) almeno un profilo sui social network attraverso il quale, come è ovvio, sono quotidianamente attaccati, anche pesantemente.
Tempo fa ho avuto modo di entrare (professionalmente) in contatto con un politico (che non cito per motivi di privacy) che ha preferito non procedere alla creazione e mantenimento di un profilo social perché questo avrebbe significato “dover rispondere a centinaia di lamentele!”
Sì, hai letto bene, questo signore, pagato dalla collettività, ha preferito restare nell’ombra, perché non può certamente impegnare il suo prezioso tempo a rispondere alle lamentele di chi….gli paga lo stipendio.
Magari è un caso isolato, tuttavia questo è il punto chiave: è necessario mettersi in gioco, anche a costo di essere criticati.
L’imprenditore , vecchio o giovane, deve avere il coraggio di sottoporsi a questo tipo di gogna mediatica, spesso fatta da individui senza alcuna lucida cognizione di quello di cui stanno parlando.
Mi riferisco agli innumerevoli imbecilli che girano sui social networks, che sono (purtroppo) tanti e hanno totale libertà di parola.
Cito testualmente le parole del grandissimo Umberto Eco:
«I social media sono utili, ma danno diritto di parola a legioni di imbecilli che prima parlavano solo al bar dopo un bicchiere di rosso, senza danneggiare la collettività, perchè si sapeva che erano imbecilli, e venivano subito messi a tacere, mentre ora hanno lo stesso diritto di parola di un premio Nobel.». <<Umberto Eco>>
Questo lucido ritratto spiega esattamente il panorama con il quale dobbiamo confrontarci in quanto impresa.
Ma sarebbe anche un’enorme errore considerare l’intera massa di questo nuovo pubblico esclusivamente formata da imbecilli, perché così , fortunatamente, non è.
In quella massa c’è l’imprenditore stesso, ci sono io che sto scrivendo e ci sei tu che stai leggendo: magari siamo tre cretini oppure splendide persone, intelligenti, affabili e molto preparati professionalmente.
Il problema è che nessuno di noi tre, continuando con questo immaginario colloquio, può sapere con chi sta dialogando, e questo aumenta enormemente la percentuale di rischio di generare involontarie incomprensioni.
Se questo rischio lo andiamo a moltiplicare per la enorme platea dei mezzi di comunicazione liberi, Internet in testa, è facile comprendere in quale pericolosa arena stiamo entrando.
Ecco quindi il primo consiglio:
“Se non hai il coraggio di farlo, non farlo!”
Non ci sono vie di mezzo, non ci sono “quasi”, non esiste “proviamo”, l’unica possibilità di successo è quella di entrarci dentro senza veli e al 100%, perchè la rete non permette a nessuno di nascondersi indefinitamente, in qualche modo e in qualche tempo verrai trovato e “giudicato”.
MI piace prendere i prestito la famosa frase del saggio Yoda in Star Wars : “fare o non fare, non c’è provare!”
Se da un lato appare una prospettiva terrificante, dall’altro il saperlo è già un enorme vantaggio nel prendere l’unica decisione sensata: uscire allo scoperto e iniziare a comunicare.
Una azienda, indipendentemente dal numero di addetti o dal fatturato prodotto, è comunque un insieme di strutture, meccanismi, strumenti e, principalmente, persone.
Le stesse persone che poi, fuori dall’orario di lavoro, popolano la rete incrociandosi in dibattiti di altro tipo in genere, creando correnti di pensiero e formando le opinioni di altre persone che, manco a dirlo, potrebbero proprio essere quelli che dovranno rappresentare la base dei nostri clienti.
Ma non esiste una regola fissa!
Nei social troviamo di tutto:
- impiegati che parlano di reincarnazione
- piastrellisti che citano poesie
- ingegneri che postano foto di gatti
- poeti che chiedono consigli per vendere lo scooter della moglie
- motociclisti che vorrebbero iniziare uno sport
- atleti che cercano il miglior integratore vitaminico
- farmacisti che parlano di immigrazione
- genitori che si lamentano della scuola
- studenti che si lamentano dei genitori
- imprenditori che maledicono le troppe tasse
- operai che cercano lavoro
- casalinghe che chiedono informazioni su come usare lo smartphone
Potrei andare avanti all’infinito, ma il senso è chiaro, i tempi sono cambiati, la comunicazione cambiata, profondamente, e l’unico modo per sopravvivere a questo cambiamento è non aver timore di essere trasportati, da questa corrente, smettendo da subito di andare in direzione opposta alla ricerca di un nascondiglio che, come avrei certamente capito, non esiste.
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