Come usare i social network (davvero)
Quali canali scegliere e come comunicare nel modo giusto

Se inserisci su Google la domanda che ho usato come oggetto per questo articolo, ti troverai davanti a centinaia di migliaia di possibili risposte, il che significa che molto probabilmente non c’è una risposta univoca e certa.
È altrettanto ovvio che un titolo del genere potrebbe risultare totalmente banale e soprattutto una specie di acchiappa clic per aumentare le visite al mio blog.
In realtà, in questo articolo io vorrei affrontare solo alcune linee guida, magari semplici quanto banali, che però in base alla mia esperienza vedo costantemente non seguite nel modo giusto.
Soprattutto, vorrei puntare il focus sul fatto che quanto dirò in questo articolo si basa in realtà su comportamenti che si applicano universalmente, ovvero non ha importanza se la tua azienda è un piccolo negozio di provincia o un’azienda multinazionale: i concetti espressi in questo breve articolo sono applicabili trasversalmente praticamente a quasi tutti i social network esistenti (o almeno quelli attivi al momento in cui sto scrivendo questo articolo…)
Nel sottotitolo ho anche scritto in riferimento all’indicazione che dice quali siano i social più indicati per la nostra azienda, e qui vale la pena di fare una precisazione.
Non posso in un articolo fare una disamina totale completa di tutti i social network disponibili, anche perché sarebbe impossibile, quindi mi limiterò a sintetizzare i concetti su tre piattaforme.
- YouTube
Nonostante i continui cambiamenti e arrivi di nuovi social, questi restano a mio avviso i capisaldi dei quali non si può prescindere.
Una importante premessa viene dal fatto che parliamo di un mondo in costante mutazione e che non conosce sosta.
Recentemente, ho visto un video di Giorgio Taverniti sul suo canale YouTube (al quale ti consiglio caldamente di iscriverti)…che ho trovato davvero estremamente interessante e che vorrei riproporre qui di seguito, perché mette il punto di attenzione su un aspetto troppo spesso sottovalutato, ovvero sia le diramazioni orizzontali e verticali, e quindi di concorrenza, all’interno delle stesse piattaforme.
Detto così appare confuso, e proprio per questo ti invito a guardare con attenzione il video di Taverniti che spiega questi nuovi scenari, come sempre, in modo eccellente e comprensibile.
Il video di Giorgio mi permette di agganciarmi a un video di qualche tempo fa, ovvero fare una scelta oculata dei canali social è prioritaria rispetto al loro numero.
Mi fermo qui, ma è chiaro ed evidente che potremmo andare avanti pressoché all’infinito… :-)
Entriamo quindi in una fase più analitica di questo articolo andando ad analizzare come muoversi all’interno dei tre social network di cui parleremo.
YOUTUBE
Negli ultimi anni, la radicale trasformazione di YouTube sia in termini di approccio che di contenuti, ha innescato ben più di un terremoto per i content creators e gli youtubers.
C’è da scommettere che questi cambiamenti siano soltanto l’inizio di un ulteriore cambio di strategia di obiettivi che comporteranno ulteriori modifiche a ogni singola azione che gli YouTubers dovranno capire, se non anticipare, e porvi un rimedio.
Questa piattaforma sta sempre più evolvendosi come una piattaforma di intrattenimento puro in campo musicale e probabilmente televisivo nel prossimo futuro.
Questi due aspetti sono difficilmente utilizzabili dal 99% dei creatori di contenuti “standard”, ovvero sono pilotabili quasi esclusivamente da network attrezzati e organizzati per produrre quantità industriali di contenuti e veicolare all’interno di network e subnetwork per creare numeri importanti in termini di visualizzazioni e monetizzazione.
Quello che sicuramente non è cambiato, almeno secondo il mio modesto parere, è il fatto che YouTube è sempre più cercato come punto di riferimento per i tutorial. Coinvolgere l’utenza spiegando cose specifiche funzionava qualche anno fa, e continua almeno in larga parte a funzionare molto bene anche adesso…
Certo, sono cambiati gli algoritmi, sono cambiate le modalità di approccio di monetizzazione, la concorrenza è aumentata a dismisura e spesso diviene una variabile impazzita, ma resta il fatto che se oggi io voglio cercare la spiegazione siccome riparare una lavatrice anziché sostituire la memoria RAM sul mio vecchio computer, è molto probabile che troverò in un video tutorial piazzato su YouTube da un creator di contenuti specializzato in questo settore.
A scanso di equivoci, perché magari ancora non mi conoscesse a fondo, le indicazioni che io fornisco sono focalizzate sul mercato italiano, non sull’internazionale, dove chiaramente vi sono dinamiche ancora più complesse.
Altro interessante aspetto di YouTube è quello di potersi raccontare, o raccontare fatti di altri, attraverso forme grafiche o di presa diretta in video, aspetto che ovviamente richiede una preparazione decisamente più importante e tecnica rispetto alla creazione di un tutorial, dove il focus è appunto quello di spiegare qualcosa non di essere così fighi da spiegarlo… Cose molto diverse tra loro.
Dare risposte NON teme lo scorrere del tempo…
Nell’immagine che trovi qui sotto vedi le statistiche di due vecchi video che ho girato a Isla Margarita, in Venezuela, quando sono andato a trovare un mio amico, Guido Rabà, che si è trasferito lì da tempo e che oggi gestisce un’attività turistica (clicca qui per saperne di più).
Ovviamente, noterai che si tratta di video molto vecchi e quindi potresti pensare che non sono validi come esempio, ma ti assicuro che non è così.
Allora, nell’esempio vedi che Guido è stato intervistato, tra le varie testate nazionali, anche da Raitre all’interno del programma Ballarò. A questa ne sono seguite altre su varie testate nazionali…
Eppure, come puoi facilmente verificare, il semplice video fatto da me con una telecamerina tenuta in mano mentre facevamo la spesa, con tanto di rumore di fondo, ha ottenuto un risultato incredibilmente più alto nonostante a quel tempo non fosse stata fatta nessun tipo di pubblicità o promozione.
Non solo, quel video ha prodotto una serie di contatti qualitativi che è poi sfociata nella conclusione di contratti di viaggio da parte di persone che volevano visitare il paese, e che si sono affidate a Guido per farlo.
Se ci pensi bene, Guido con questo video non ha fatto altro che un tutorial all’interno del quale spiegava come si fa la spesa sull’isola, mostrando prodotti di ogni tipo e genere, parlando di costi eccetera, eccetera…
Altri video fatti con la stessa tecnica hanno prodotto grandi risultati e, a oggi, restano quelli più visti del suo canale.
Immagino che qualcuno adesso pensi:
“ma non sono neanche 50.000 visualizzazioni, io ne faccio molte di più!”
Questo è l’errore che molti fanno, ovvero pensano che i numeri significano tutto, e invece così non è.
Nel caso di Guido, le 50.000 persone che hanno guardato il video, sebbene durante gli anni, ha generato contatti qualificati da parte di persone che potenzialmente potevano diventare suoi clienti.
Quindi non preoccuparti troppo della forma, e mira direttamente alla sostanza, rispondendo sempre a domande che il pubblico fa: se offri risposte chiare e certe, non potrai non attrarre la platea che a te interessa.
La crescita di Instagram è ormai cosa nota, così come la sua proverbiale semplicità di utilizzo, dato che non richiede di scrivere grandi testi.
6 utenti Instagram su 10 effettuano l’accesso almeno una volta al giorno. È il secondo sito di social media per numero di accessi quotidiani.
Quindi parliamo di una piattaforma su cui brand e aziende possono ottenere una grande visibilità.
Ovviamente, i telefoni di ultima generazione offrono vagonate di strumenti applicazioni per poter diventare “Instagramers” in pochissimo tempo.
Le storie degli “influencers” di successo sono un piatto davvero troppo appetibile per non cercare di ricavarsi una fetta di questo ricco mercato.
Prima di procedere oltre, ti suggerisco di leggere questi due articoli che ho scritto dove nel primo spiego qual è la mia visione rispetto a questa fenomenologia.
E il secondo richiama le parole di uno dei maggiori esperti di web marketing mondiale, Seth Godin.
Gli influencer? Appartengono al passato! Parola di Seth Godin.
Nel mondo dei social tutto è opinabile e mutevole, quindi anche le due precedenti analisi, una di un modesto consulente come me, e l’altra di una voce senz’altro autorevole, non devono e non possono costituire un dogma, tuttavia ci forniscono delle chiavi di lettura utili per capire come muoversi e utilizzare al meglio questo canale.
Come tutti, è evidente che avere una strategia definita, un piano di lavoro ed editoriale di assoluto rispetto, insieme alla assoluta qualità dei contenuti, rappresentano i requisiti minimi senza i quali non vale nemmeno la pena pensare di provarci.
Oltre a questo, sarà necessario dedicare anima e corpo a questa cosa, prevedendo da subito anche importanti investimenti in chiave pubblicitaria perché, a parte l’1% dei casi totalmente organici, il restante 99%, specialmente se parliamo di aziende, passa sempre e comunque attraverso forti campagne pubblicitarie e i relativi investimenti.
Non uso Instagram a livello personale quindi forse sono la persona meno adatta a dare dei suggerimenti in tal senso, soprattutto dal punto di vista pratico, tuttavia sono abbastanza convinto di poter affermare quanto segue:
1- Instagram non può essere il solo canale di riferimento per una azienda
Ma può essere la colonna visuale statica attraverso le immagini e le foto che facciano da amplificatore per la riconduzione ai contenuti dell’azienda sviluppati in modo più analitico, come sul blog aziendale o, come abbiamo già visto, all’interno di tutorial video pubblicati su YouTube.
2- Il posizionamento su Instagram non segue più le regole di prima
Già qualche anno fa, infatti, sono stati rimossi il numero dei like sotto il singolo post, trasformando quella che prima era l’indicazione analitica principe in una semplice “vanity metrics”, ovviamente ancora importante, ma non più considerarsi un obiettivo prioritario.
Quindi per ottenere successo su IG, la parola chiave è “coinvolgimento”
Se vuoi che i tuoi contenuti si classifichino più in alto nelle sezioni
- Esplora
- Feed
- Reel
devi aumentare il tuo coinvolgimento su Instagram, soprattutto attivando i commenti e le interazioni.
Difficile farlo?
Sì, lo è, ma probabilmente vale sempre la vecchia e buona regola del buon senso, distaccarsi dall’ossessione della ricerca dei numeri in termini quantitativi, sostituendoli con contatti qualitativi, come ho già affrontato nel caso di studio che ti ho mostrato nella sezione YouTube.
La stratificazione di questi contenuti potrà gradualmente veicolare nuovi utenti interessati a ciò che hai da raccontare, e se a questo farà seguito una capacità di coinvolgimento e attenzione oculata, come detto in apertura, Instagram può davvero essere una piattaforma su cui brand e aziende possono ottenere una grande visibilità.
Chi mi conosce sa che non sono certamente un fan di Facebook, basti vedere lo status desolante della mia pagina che ho ben descritto in questo articolo
Questo ovviamente non significa che io non utilizzi Facebook o che non lo ritenga il social centrale per la programmazione di strategie di marketing aziendale.
Diciamo che, a titolo personale, preferisco un approccio più riservato e meno confusionale, tutto qui… ;-)
C’è anche da dire che il progressivo degrado della qualità dei contenuti su questa piattaforma è sotto gli occhi di tutti, così come è altrettanto chiaro che i costi pubblicitari estremamente contenuti rimangono una attrattiva fortissima per qualsiasi tipo di utente.
Non è un caso che la stragrande maggioranza delle piccole attività, con in testa i negozi, investano gran parte del loro budget pubblicitario all’interno del social network blu.
Parlare di Facebook nella sua interezza in un solo articolo è ovviamente impossibile, quindi direi che se non hai grande esperienza su questo social in termini aziendali e di comunicazione, il primo passaggio potrebbe essere quello di leggere uno dei miei articoli.
[PODCAST] Attività Locali e Facebook Ads: gli errori da evitare
Oppure ascoltare o scaricare il mio podcast gratuito.
… Direi che c’è già un bel po’ di materiale da poter guardare ;-)
REGOLE UNIVERSALI DI COMUNICAZIONE PER I SOCIAL
Indipendentemente dal social utilizzato, ovviamente avendo cura di rispettare le indicazioni di massima, le convenzioni e le necessità che ognuno di questi richiede, ci sono delle regole universali che devono sempre essere tenute presenti e che si applicano incondizionatamente.
Non importa se l’algoritmo cambia o se le modalità di coinvolgimento subiranno delle modifiche, ci sono modalità di comportamento, soprattutto conversazionali che valevano 10 anni fa, e con ogni probabilità sarà lo stesso anche per i prossimi anni.
Come già detto precedentemente, in questo lungo articolo è impossibile elencare tutte le modalità di comunicazione, quindi mi limiterò a indicare le tre che ritengo più importanti, anzi direi irrinunciabili:
Rapporto Singolo, uno a uno
Credo che sia l’errore più grande che viene costantemente e comunemente commesso da parte di tutti, sia privati che aziende. Mi riferisco al fatto di pensare alla propria operatività su un social network come un qualcosa che ci mette in contatto con il mondo: grosso errore! Il fatto che il social network, magari attraverso campagne pubblicitarie, amplifichi anche in modo considerevole la portata potenziale del mio messaggio, non dobbiamo mai dimenticare che ci stiamo rivolgendo sempre e comunque ad una persona singola! Il messaggio è ricevuto da una persona che da sola, in un proprio momento personale, lavorativo o di intimità, sta consultando il proprio telefono.
Il tuo messaggio non verrà visto da un gruppo di persone che tutti insieme guarderanno il tuo video, ma potrai raggiungere migliaia di persone che, singolarmente, guarderanno il tuo video.
Pensaci bene e capirai che è una cosa enormemente diversa. La prima regola quindi è la stessa, da sempre, ricorda che stai parlando con una persona, quindi fai in modo che il messaggio sia esattamente quello che vorresti comunicare a una persona che si trova in carne e ossa davanti a te, siete soltanto tu e lei: cosa vorresti dirle?
TU, non IO
La conseguenza di quanto sopra, così come relativi errori che comunemente vedo praticare dalle aziende, è il fatto che la conversazione non avviene parlando all’interlocutore, ma spesso parlando (o scrivendo) in maniera auto referenziale.
Sono ancora troppo le persone che usano un metodo di comunicazione sui social riferito alla prima persona singolare, mentre invece dovrebbe essere sempre utilizzata la seconda, quindi il “TU”, non”IO”.
Nella prima regola universale di comunicazione facevo riferimento esattamente a questo, ovvero immaginarsi e visualizzare di avere una persona davanti a noi in carne e ossa: il primo obiettivo sarà quello di occuparsi di questa persona, proprio come facciamo nella vita reale, dove quando incontri qualcuno la prima cosa che fai è salutarlo e poi magari chiedergli “come stai?”.
Sarebbe davvero strano incontrare una persona che facesse il contrario, giusto?
Facciamo conversazione, non pubblicità!
Le due regole sopra citate portano a una inevitabile conseguenza, quanto naturale: le persone in carne e ossa fanno conversazione. L’essere umano è un animale sociale e quindi ama parlare, confrontarsi, discutere e quant’altro.
Per noi è assolutamente normale confrontarci su qualsiasi tema e argomento, dal più serio al più leggero, perché fa parte della nostra natura. Purtroppo, quando entriamo in “modalità social network”, e soprattutto riferendosi alla propria attività o azienda, ci dimentichiamo completamente di tutto questo.
Un totale black out: resettiamo il nostro cervello, dimentichiamo di essere animali sociali e di dover interloquire con una persona in carne e ossa davanti a noi.
I risultati, come ovvio, non potranno che essere un classico manifesto pubblicitario che non interessa a nessuno.
Già, perché nessuno frequenta i social network per leggere pubblicità, così come nessuno guarda un film in televisione per vedere gli spot pubblicitari, giusto?
Se siamo sui social network o guardiamo un film lo facciamo perché vogliamo fare quella cosa e vogliamo regalarci un momento di intrattenimento, e vedremo assolutamente come una invasione del nostro spazio qualcuno che ti presenta una qualsivoglia “offerta”.
Ma cosa accadrebbe se invece di sentirti offrire l’ennesimo sconto, ti venisse chiesto “come stai?“.
È chiaro che cambierebbe tutto, perché la nostra atavica propensione alla socialità attiverebbe le parti remote del nostro cervello mettendo automaticamente in secondo piano il film o la navigazione social, preoccupandosi da subito di rispondere all’interlocutore perché si sta interessando a noi e quindi saremo naturalmente interessati a intavolare una discussione.