Sono sicuro che conosci il detto “prevenire è meglio che curare”.
Bene, nell’ambito della comunicazione non sarebbe interamente e/o integralmente applicabile, perché sono così tante le variabili che concorrono al successo o al fallimento di una campagna di comunicazione o di un piano editoriale, che è (praticamente) impossibile prevenire ogni possibile riflesso negativo.
Come ho appunto scritto nel sottotitolo
la comunicazione non è una scienza esatta…
…ma un insieme di tecniche che devono essere mixate tra di loro per produrre esperimenti continui dei quali però non saremo soltanto noi a decretarne il risultato finale.
Già, torniamo sempre lì, al famoso ascolto attivo di quel “pubblico” che sarà nostro giudice, pubblico ministero o avvocato difensore… esclusivamente basandoci su quello che diciamo (e come lo divulghiamo).
A livello metaforico, la comunicazione è come avventurarsi in un deserto inospitale per raggiungere un traguardo prefissato.
Per farlo dobbiamo sicuramente avere ben chiaro quelli che sono gli obiettivi della missione, ma per raggiungerli è innanzitutto fondamentale conoscere i propri limiti, impegnandoci a non oltrepassarli, in nessun caso.
Ora, la frase precedente è sicuramente saggia ed evocativa, ma io non sono un santone e ancora meno ritengo di essere saggio, quindi, pur riconoscendo la validità del concetto, credo che tale prevenzione, all’atto pratico, non sia realmente praticabile nell’ambito della comunicazione aziendale.
Io posso cercare di programmare quanto possibile al meglio delle mie possibilità e delle mie conoscenze, integrandolo con l’ascolto di esperti esterni, ma le variabili che incontrerò durante il cammino di avvicinamento o di attraversamento del continente sconosciuto… non le conosce nessuno!
E se nessuno le conosce come cavolo faccio a prepararmi prima di arrivarci?
Semplice, non posso farlo, ovvero dovrò integrare questa preparazione iniziale con un elemento importantissimo: l’esperienza.
Non importa quale sia il tuo lavoro, quanto grande sia la tua azienda, quali sono i successi o i fallimenti a cui sei andato incontro: sono tutti elementi che confluiscono in questa magica parola.
Ho parlato di insuccessi e fallimenti non a caso, perché nella nostra cultura l’insuccesso è spesso la chiave di volta per comprendere appieno i nostri errori e ripartire più forte di prima.
La stessa identica cosa vale per i successi delle soddisfazioni ottenute, tutto questo diventa esperienza da utilizzare per il passaggio successivo.
Tornando però al nostro progetto di viaggio nel continente sconosciuto, pur portando con noi l’esperienza maturata, dobbiamo essere consapevoli che potrebbe non essere sufficiente ad arrivare a destinazione.
La logica ti porta da A a B. L’immaginazione ti porta ovunque .
Albert Einstein.
Lo ripeto, quando parliamo di comunicazione ci affacciamo a scenari di cui non possiamo controllare le reazioni, ed è pertanto impossibile preventivare tutto.
L’imprevisto è sempre dietro l’angolo, come nella vita reale.
Fai attenzione, non sto parlando di cose gravi, basta una ruota forata o la cancellazione di un volo per cambiare l’esito di una giornata o di un appuntamento di lavoro.
Questi imprevisti, sebbene non facciano parte del mondo della comunicazione, hanno in comune con la stessa il fatto che non sono sotto il nostro controllo: non possiamo impedire che la ruota si fori, non possiamo impedire che il volo sia cancellato.
“Nessuno conosce le proprie possibilità finché non le mette alla prova.”
Publilio Siro (100 a.c.)
Ma noi dobbiamo comunque partire alla scoperta del nostro continente sconosciuto, quindi cosa si fa?
Facciamo esperienza.
Partiamo alla volta della nostra destinazione, armati di tutto quello che riteniamo sia necessario e con la motivazione sufficiente a superare gli inevitabili ostacoli che qualsiasi attività porta con sé.
La consapevolezza di non sapere l’esito finale non deve essere vissuta come qualcosa di negativo, ma come una concreta opportunità di incrementare il nostro bagaglio di esperienze che, alla fine, ci renderà più forti e ancora più pronti per tentare nuovamente di arrivare a destinazione.
La regola delle tre T
Se cerci su internet troverai riferimenti al Prof. Richard Florida in un suo libro, questa regola prevedeva “Tecnologia, Talento e Tolleranza”, e quindi poco applicabile al nostro contesto, e infatti la mia regola delle 3 T non ha niente a che vedere con quel concetto :-)
Allora perché l’ho utilizzata come titolo?
Perché ormai parecchi anni, un caro amico, Aljaz Vavpetic, con il quale scrissi un manuale dedicato all’utilizzo di Ebay®, suggerì di adottare un metodo di verifica e controllo delle nostre strategie di marketing.
Nacque così la “nostra” regola delle Tre T :
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TEST
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TEST
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TEST
Questa (semplice) regola sebben posso capire nonsia di grande effetto ad una prima lettura, posso garantirti che mi ha aiutato enormemente (e continua a farlo) in tutti i miei progetti e nella mia crescita professionale negli ultimi 20 anni.
La regola dice che dobbiamo continuamente testare perché non esiste il metodo perfetto.
La storia spesso ci consegna esempi mirabili, come quello che durante una conferenza stampa un giornalista chiese a Thomas Edison:
“come si è sentito a fallire duemila volte nel tentativo di creare una lampadina?”
La risposta di Edison fu:
“Io non ho fallito duemila volte nel fare una lampadina; semplicemente ho trovato millenovecentonovantanove modi su come non va fatta una lampadina. “
Potremmo fare dozzine di esempi celebri simili a questo ma il concetto non cambia e la regola modificata dal mio saggio amico resta ancora oggi valida per addivenire a risultati positivi.
E tu, applichi una regola simile?